Epistolario  |  Indici  |  Cerca nell'epistolario    

< <

Minuta di lettera di Ascoli a Lombroso in cui critica un'anticipazione de "L'antisemitismo e le scienze moderne"


Segnatura
Fondo Ascoli, 75/11

Istituto di conservazione
Biblioteca dell'Accademia Nazionale dei Lincei, Roma

Luogo e data
Milano, 11/01/1894

Mittenti
Ascoli, Graziadio Isaia (Linguista e glottologo goriziano)

Destinatari
Lombroso, Cesare

Citati
Shylock (Personaggio letterario di William Shakespeare)

Consistenza
1 foglio

Lingua
Italiano

Contenuto
Ascoli scrive a Lombroso, polemizzando contro la "primizia di un Suo lavoro sull'antisemitismo" pubblicata in «Critica sociale», che ha ricevuto al rientro da Gorizia. Chiede quale sia la fonte - "giudaica o non giudaica o antigiudaica" - di alcune etimologie ebraiche, che avrebbero dimostrato la predisposizione degli ebrei alle attività commerciali e finanziarie, ma che sono palesemente infondate. Chiede se ritenga "il particolar tipo dell'usura di Shylok" una realtà storica o "un parto della fantasia del gran poeta", illustrandogli le ragioni per cui i tassi d'interesse praticati dai prestatori ebrei nel Medioevo, benché elevati, non possano assimilarsi al moderno concetto di "usura". "Il prezzo del danaro che l'Ebreo prestava nel medioevo, non era del resto l'interesse di un capitale secondo il concetto che ora la natura delle cose par volere ma generazione pugnesca, si può dire, la società cristiana, cacciava or di qua or di là, l'Ebreo, spogliandolo, per quanto sapeva e poteva, d'ogni cosa. L'Ebreo dice alle genti cristiane, costrette a accattar danaro da lui: 'mi darete intanto, con pegno o senza, il 36% il mese'; ed era manifestam[ente] sottinteso: ' cioè per quel numero di mesi dopo i quali contate, spropriarmi, se Dio il permette alla malafede vostra [...] d'ogni capitale e d'ogni interesse". Conclude invitandolo a non "sublimare [né] denigrare" la propria "razza": gli ebrei medievali "studiavano intanto, senza vanagloria di tutto quanto potevano, in mezzo alla universa ignoranza, e poetavano candidamente e avevano nella loro coscienza il sentir supremo di un degno morale onde traevano la forza cui affidare ogni martirio"

Note
Per gentile concessione della Biblioteca dell'Accademia dei Lincei, Roma