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Lettera di Marzolo a Lombroso in cui discute varie questioni sollecitate dal nuovo fascicolo dei "Monumenti storici rivelati dall'analisi della parola"


Segnatura
Legato Cerù, b. 130, n. 20

Istituto di conservazione
Archivio di Stato di Lucca

Luogo e data
Pisa, 26/12/1866

Mittenti
Marzolo, Paolo (Medico e linguista padovano)

Destinatari
Lombroso, Cesare

Citati
Augia (Personaggio mitologico)
Gibelli, Giuseppe (Botanico e accademico lombardo, docente fra l'altro presso l'Università di Torino)
Mantegazza, Paolo (Medico e antropologo monzese)
Teza, Emilio (Letterato, storico e linguista veneziano)

Consistenza
1 foglio

Lingua
Italiano

Contenuto
Marzolo comunica a Lombroso di sentirsi confortato dalla sua lettera, che gli dimostra come "altri, fuori di [lui] - forse altri tre o quattro [lo] capiscano". Passa a discutere delle questioni postegli in merito alle tesi contenute nel fascicolo di più recente uscita dei Monumenti. Chiarisce la propria tesi sulle ragioni della delinquenza delle donne, che non è - come aveva capito Lombroso - determinata dalla "prevalenza dell'appetito sulle norme apprese: questa prevalenza è appunto spiegata dall'organizzazione ed anche dai nostri costumi già regnanti. La mia tesi riguarda lo stato della coscienza che pare affatto tranquilla nel caso di queste colpe morali, mentre è agitatissima nel caso di trasgressioni delle pratiche di culto etc. E questa è la differenza ch'io spiego per le cause diverse, allora perché si tratta di cose apprese a memoria, e qui invece di cosa esperita per sensazioni". Chiarisce ancora la sua tesi sul verba, fornendo alcuni esempi. Difende la sua opera da una critica relativa alla struttura: l'"opera [sua] lunga" non produce "noja" se non nei lettori che, per "viltà", chiudono il libro "senza tagliare le carte" dopo aver visto il pesante apparato critico e caratteri in alfabeti sconosciuti: "egli è che nessuno di quelli ci si è fermato tanto da capire come si debba leggere il mio libro, il quale da chi vuole può leggerci e capirci [...] forse in trenta ore. Ma vi è poi la possibilità di fermarsi quanto si vuole e dove si vuole per accertarsi delle mie tesi esaminando i fatti finché basti a persuadersene, o a rigettarle se così si voglia". Invia le copie per Mantegazza e Gibelli, promettendone un'altra per un sodalizio vicino a Lombroso. Annuncia che all'inizio dell'anno nuovo, si sarebbe stampato un nuovo fascicolo del IV volume, pregandolo di trovare nuovi associati; il bibliotecario dell'Università di Pava avrebbe avuto la "aborrita macchina fatta per ispazzare la stalla di Augea", scrivendone al direttore dell'editrice padovana Tipografia del Seminario. Nel poscritto comunica che avrebbe consegnato una sua lettera a Teza al rientro di quest'ultimo da Bologna

Note
Per gentile concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Archivio di Stato di Lucca